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La cognizione distribuita in medicina

Corso di sensibilizzazione al cambio di paradigma delle competenze professionali
disponibile in
 cartaceo

I professionisti sono oggi alle prese con la sfida della cognizione distribuita. La nozione di cognizione distribuita si è affermata in ambito scientifico negli anni Novanta per merito di Norman e Hutchins. Al dunque è semplice: le nostre prestazioni non dipendono solo da noi, ma anche dalle risorse ambientali e dall’interazione tra la nostra mente e l’ambiente. Posso fare molto meglio se ho intorno a me risorse (tabelle, software, motori di ricerca scientifici, colleghi con cui dialogare) e lascio che la mia mente ne usufruisca. La visione della cognizione distribuita è in linea con l’evoluzione del mondo di oggi, dove le conoscenze progrediscono rapidamente e comunicazione e tecnologie sono avanzate. I professionisti della sanità possono però far fatica a entrarci fino in fondo. Possono esserci difficoltà legate all’esigenza di acquisire abilità non acquisite nella formazione pregressa, ma soprattutto occorre ripensare la propria identità professionale, passando - come si dice- dal paradigma del possesso (“sono un professionista perché posseggo le competenze necessarie”) a quello della distribuzione dinamica (“sono un professionista perché mi do da fare per avere le competenze che servono quando servono”).

Come si svolge la formazione

In momenti di lezione frontale vengono illustrati il concetto di cognizione distribuita, i vantaggi che questa porta, le risorse disponibili, le barriere da superare. In discussioni e focus group si fanno emergere in particolare difficoltà e barriere e vie per superarle. Si pianificano poi possibili azioni e si pensano strumenti per migliorare le prestazioni nella pratica quotidiana.

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Durata indicativa: 8 ore.

Questo libro sulla storia dei media e su come questi cambiano le nostre vite contiene un capitolo sulla sfida della cognizione distribuita, che si sofferma su come il problema si presenta oggi in medicina. Le nuove tecnologie sono in effetti uno dei fattori che ci spingono verso la cognizione distribuita.
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