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Le origini dell'action reseach

I presupposti dell’action research vanno cercati nel pragmatismo americano, teso a sottolineare il significato pratico delle teorie. James, padre della psicologia statunitense, ma anche filosofo, aveva esposto i principi del pragmatismo in un saggio del 1898, Concezione filosofica e risultati pratici, e poi nel famoso libro Pragmatismo, del 1907.

James sostiene che il valore di verità delle idee va ricercato nelle loro conseguenze pratiche: sono vere le cose che hanno risvolti soddisfacenti per le esigenze vitali più profonde degli individui. È merito di Dewey poi aver chiarito, in Logica, teoria dell’indagine, del 1938, la nozione di problema. Un problema – dice Dewey – è sempre un fatto teorico-pratico, che si definisce in un movimento di va e vieni tra piano intellettuale e piano concreto, attraverso un coinvolgimento del pensiero e dell’azione. Si può pensare che un punto di partenza di un simile movimento sia una situazione concreta di disagio, di difficoltà, di indeterminatezza. Questa situazione in sé non ha nulla di intellettuale, ma è in grado di stimolare un cammino intellettuale, che comincia col riconoscere il problema e  arriva alla progettazione delle soluzioni. Si torna poi sul piano concreto con l’intervento tendente a eliminare la situazione di disagio, a produrre determinazione dove c’era indeterminatezza. Se permangono ancora difficoltà, il ciclo ricomincia. 

Il discorso di Dewey sui problemi – come si vede – non è che l’esposizione su un piano più filosofico e teoretico di ciò che si fa nell’action research. La storia dell’action research come pratica di ricerca comincia negli Stati Uniti degli anni ’30, in un clima intellettuale dominato dal pragmatismo, ad opera di due personaggi che si mossero indipendentemente: John Collier e Kurt Lewin. Collier era commissario agli Affari Indiani. Nello svolgimento del suo compito si rese conto che la complessità e la delicatezza del problema del rapporto con etnie diverse richiedeva un lavoro congiunto di scienziati e funzionari. A suo avviso bisognava coinvolgere anche gli interessati. In effetti con Collier si può dire che inizi quel tipo di action research che viene definita partecipativa, perché i protagonisti del problema fin dall’inizio vengono coinvolti nella ricerca e nell’azione. 
dal momento che i ritrovati della ricerca – scrive Collier – devono essere messi in pratica dagli interessati, e da loro criticati secondo la loro esperienza, essi devono partecipare personalmente alla ricerca in modo creativo, stimolati dal fatto che essa riguarda i loro bisogni. 
Dopo Collier e Lewin l’action research si è diffusa in particolare nella formazione di operatori e professionisti e negli interventi organizzativi. 

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