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Ricerca-azione

In un mondo che cambia in varie attività, dalla sanità, all’istruzione, la formazione, la consulenza, la gestione delle organizzazioni, la comunicazione aziendale, il marketing, le professioni, e altre ancora, diventa sempre più difficile limitarsi a seguire prassi consolidate, seguire routine, affidarsi a ricette note. Quel che abbiamo sempre fatto e in passato ha funzionato potrebbe non funzionare più ora, proprio perché le cose sono cambiate. D’altra parte anche l’entroterra di conoscenze tecnico-scientifiche su cui certe pratiche si basano potrebbe non essere più valido o non del tutto valido, perché maturato in un contesto diverso.

Ad esempio, il modo in cui abitualmente impostiamo la formazione professionale o pianifichiamo azioni di marketing, anche se canonico e insegnato a livello accademico, rischia di deluderci, perché non tiene conto di novità, come il fatto che siamo ormai nell’era della cognizione distribuita, con i suoi problemi, le sue contraddizioni e le sue opportunità.

Per fare un altro esempio, gli insegnanti si trovano oggi di fronte ad allievi diversi, per profili motivazionali, capacità di  decentrarsi, approccio alla conoscenza, modo di rapportarsi al sapere e alla scienza e altri aspetti ancora. In parte si tratta di un effetto delle nuove tecnologie della comunicazione, in parte della diversa configurazione sociale dell'istruzione, del moltiplicarsi delle agenzie culturali. Nel nuovo scenario non possiamo fare affidamento su modelli didattici tradizionali, né possiamo sperare che basti introdurre nell'insegnamento le nuove tecnologie della comunicazione.

Nel mondo che cambia abbiamo bisogno di ripensare in una sola volta pratica e teoria, di rivedere il nostro fare e intanto rinnovare le conoscenze che guidano il nostro fare in modo che sia efficace.

Per agire efficacemente in un mondo che cambia, ripensando intelligentemente pratica e teoria, la ricerca-azione è uno strumento adatto, un buon modo di fare formazione o consulenza o comunque di affiancare e supportare chi opera. Ma che cos’è la ricerca-azione?

La ricerca-azione o action research è una modo di fare ricerca in cui teoria e pratica sono intimamente collegate ed evolvono in parallelo. Dalle concezioni teoriche che maturano nella ricerca si punta a passare subito alle possibili applicazioni, a ricavarne indicazioni per intervenire sulla realtà, per risolvere problemi in contesti come la formazione, l’istruzione, la sanità, le organizzazioni e via dicendo. Kurt Lewin, uno dei padri fondatori della ricerca-azione, dice: «se producesse soltanto libri, non sarebbe soddisfacente». D’altra parte gli interventi nelle realtà in cui ci si trova a operare non sono fine a se stessi, non vengono fatti solo per il risultato pratico. Come nota sempre Lewin, fanno da «stimolo essenziale per lo sviluppo delle teorie». Nel corso degli interventi il ricercatore impara, raccoglie dati, formula ipotesi, elabora modelli e teorie e innova le conoscenze che abbiamo e che ispirano la pratica.

Lo stretto legame tra ricerca e azione si coglie immediatamente guardando quel che accade nell’action research. Il ricercatore mentre fa ricerca fa anche il formatore, il consulente, opera. Affianca poi chi opera, che sia il manager, il professionista, l’insegnante, col che chi opera si affaccia al mondo della ricerca, collabora col ricercatore e ne è stimolato, tende a far leva sulla conoscenza più che sulla routine. Ricerca e attività professionale si fondono e cade o si attenua la tradizionale divisione dei compiti, per cui chi fa ricerca non opera e chi opera non fa ricerca. Solitamente si dice che la ricerca-azione è partecipativa.

C’è qualcos’altro che rende l’action research interessante in un mondo che cambia: ricerca e azione si intrecciano in un processo circolare dinamico. Si parte dall’analisi della situazione e dei problemi per cui si interviene, analisi basata su ciò che si sa già e sulle informazioni raccolte sul campo. Si pianifica poi un intervento e si implementa. Dopo di che si controlla, si verificano gli effetti, si raccolgono altre informazioni e si fanno riflessioni che vanno ad arricchire e possono modificare l’analisi fatta in prima battuta. Si continua cosi, per cui le azioni vengono sempre più aggiustate e le conoscenze riviste. Le formazioni, le consulenze e le altre attività basate sull’action research si adattano alle realtà e ai cambiamenti, sono flessibili, non rigidamente ancorate a standard.

In un mondo che cambia la ricerca-azione è uno strumento adatto, perché risponde contemporaneamente a due esigenze impellenti: elevare il livello degli interventi e vivacizzare la ricerca. Se la realtà cambia, per sperare di aver successo le nostre azioni devono basarsi sulla conoscenza di come effettivamente stanno le cose, non su quel che abbiamo sempre fatto. Le azioni vanno rese più forti grazie alla ricerca. D’altra parte la ricerca non può adagiarsi, deve continuamente rinfrescarsi raccogliendo le sfide dei problemi e delle contraddizioni di un mondo che cambia.

La ricerca-azione nasce nella prima metà del Novecento, negli Stati Uniti, ad opera in particolare di John Collier e Kurt Lewin, interessati a problemi sociali, come i rapporti tra etnie e le tensioni razziali.  Successivamente ha trovato spazio a livello internazionale nella formazione e nella consulenza organizzativa. Oggi è di grande interesse, perché può aiutarci a stare al passo con i cambiamenti, a volte vertiginosi e subdoli, che stanno avvenendo.

Un limite della ricerca-azione è che difetta di rigore scientifico. Beninteso, ha un suo valore scientifico, ma non ha quel rigore tipico della ricerca pura. Somiglia alla ricerca clinica in medicina che arriva a conclusioni valide e utili, anche se non è al livello di correttezza e precisione metodologica della ricerca fisiologica, biologica o biochimica.

Il ricercatore è concentrato sui problemi da risolvere, non può spaziare liberamente nella ricerca. Finisce per essere coinvolto, in qualche modo invischiato, dato che opera e collabora con chi opera. Questo lo rende meno neutrale, non freddo e distaccato, come uno scienziato dovrebbe essere.

Non è facile poi arrivare a conclusioni scientificamente fondate basandosi sui risultati degli interventi. Mentre si porta avanti una ricerca-azione entrano in gioco molti fattori in grado di influire sui risultati, ma difficili da individuare e controllare. Il fatto poi che un intervento riesca non assicura che la teoria che lo ha ispirato sia esatta, perché, diversamente da quel che tende a pensare il senso comune, noi possiamo raggiungere buoni risultati muovendo da concezioni false della realtà.

Siccome non è una attività scientifica molto rigorosa, è importante che la ricerca-azione venga integrata con la ricerca pura e col sapere che da questa deriva. Chi fa ricerca-azione deve contemporaneamente documentarsi sullo stato dell’arte delle conoscenze scientifiche relative ai problemi che affronta e possibilmente condurre anche ricerche pure su quegli stessi temi-problemi.

Noi di Really New Minds nelle nostra attività procediamo alla maniera della ricerca-azione. Non ci limitiamo ad applicare modelli standard prestabiliti, ma ogni volta avviamo il movimento circolare di analisi, intervento, controllo e revisione, integriamo teoria e pratica e partiamo dalla ricerca per operare e affiancare chi opera. Al tempo stesso siamo impegnati costantemente nello studio e nella ricerca pura su quegli stessi temi-problemi al centro delle nostre attività.

Noi di Really New Minds nelle nostra attività procediamo alla maniera della ricerca-azione. Non ci limitiamo ad applicare modelli standard prestabiliti, ma ogni volta avviamo il movimento circolare di analisi, intervento, controllo e revisione, integriamo teoria e pratica e partiamo dalla ricerca per operare e affiancare chi opera.

Al tempo stesso siamo impegnati costantemente nello studio e nella ricerca pura su quegli stessi temi-problemi al centro delle nostre attività.

Why action research? è un articolo pubblicato sul primo volume della rivista interdisciplinare Action Research
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